La cittadina di Parenzo (Poreč in croato) è patrimonio dell’umanità UNESCO grazie alla Basilica Eufrasiana: una chiesa paleocristiana di antichissima fondazione che è giunta fino a noi con l’aspetto datole dal vescovo Eufrasio, nel 553 d.C.
La città come oggi la conosciamo venne fondata dai romani nel II secolo. Scelsero un luogo di particolare bellezza: un promontorio si inoltra nel mare ed è quindi ben difeso naturalmente su tre lati. Vestigia romane sono ancora presenti in diversi punti della città e nel reticolo delle strade: tipicamente regolare come da tradizione romana. Le due strade principali si chiamano ancora oggi “cardo” e “decumano” a testimonianza di quanto sia forte il ricordo del passato romano della Colonia Julia Parentium.
Oltre alle memorie romane, rimangono anche tracce del passato medievale della città, concentrate principalmente in alcune torri di difesa.
Il cristianesimo si diffuse presto, a Parenzo, come in tutta la zona, e appena Costantino la rese religione ufficiale si cominciò a costruire una prima basilica su impulso del vescovo (poi santo) Mauro.
Nel 539 divenne parte dell’impero bizantino, erede dell’impero romano caduto quasi un secolo prima.
Nell’anno 543 il vescovo di Parenzo era Eufrasio (si davano dei nomi strani a quell’epoca!) e decise di costruire una nuova Cattedrale. Il vescovo sicuramente era mosso dai più nobili principi ma è probabile che avesse anche un discreto ego e che volesse anche tramandare il suo nome ai posteri visto che fece in modo di farsi rappresentare nei mosaici dell’abside.
In ogni caso, la costruzione doveva essere solida perché è arrivata quasi intatta fino a noi, insieme con il suo complesso di edifici annessi. La visita al complesso (a pagamento) comprende una serie di ambienti estremamente suggestivi e alcuni passaggi che permettono di vedere le varie fasi costruttive del complesso.
La visita comincia dall’atrio colonnato dal quale è possibile vedere la facciata della basilica con i suoi mosaici. Si prosegue poi con la visita al piccolo battistero e la possibilità della salita sul campanile (“Salite a vostro rischio e pericolo“: no, grazie!) per poi inoltrarsi nella visita del vescovado. Il palazzo del vescovo è la parte più spoglia della visita: le piccole stanze contengono solo alcune opere e offrono alcune belle vedute sul mare. La parte più interessante è sicuramente la visita ai resti della vecchia chiesa e al lapidario. L’ambiente dove sono stati scavati i resti della vecchia chiesa è il più affascinante della visita: sono ben visibili tutti gli “strati” della storia. Alcuni pannelli informativi rendono più facile la lettura dei resti.
Come ultima parte del percorso si entra nel gioiello: la basilica. L’impianto ha la semplicità delle chiese paleocristiane: l’aula è divisa in tre parti da due file di colonne. Le colonne sono semplici con i capitelli decorati, già tipicamente medievali. In fondo, i mosaici bizantini ricoprono il catino absidale brillando d’oro. I mosaici sono il vero capolavoro della basilica: risalenti al VI secolo, sono opera probabilmente di artisti ravennati. Ravenna era, in quel periodo, la capitale dell’esarcato bizantino in Italia.
In alto vediamo Cristo seduto su un globo con ai fianchi gli apostoli. Sul libro che ha in mano campeggia la scritta “Io sono la vera luce” in latino. Nell’intradosso, all’interno di cerchi è rappresentato al centro dio in forma di agnello e dodici sante martiri. Nel catino absidale si trova il mosaico più complesso. Su un prato, è rappresentata Maria (una rara immagine della Madonna di questo periodo della cristianità) con il bambino in braccio mentre viene incoronata da una mano che scende dall’alto. Attorno alla madre di Gesù ci sono due angeli e poi una serie di santi.
Il secondo a sinistra è Eufrasio, il costruttore della basilica, che porta in mano un modello dell’edificio. Da notare che Eufrasio si fa rappresentare tra i santi, forse con la speranza di essere canonizzato dopo la morte. Ma ciò non avvenne. C’è anche un bambino: si chiama anche lui Eufrasio, figlio dell’arcidiacono. I mosaici tra le vetrate rappresentano l’Annunciazione e la Visitazione. Nelle absidi minori sono rappresentati i santi Cosma e Damiano (navata sinistra) e Orso di Ravenna e Severo (navata destra).
Al centro, sopra all’altare si trova un ciborio, anch’esso mosaicato, sebbene risalga a quasi sette secoli dopo rispetto ai mosaici dell’abside. Le colonne sono però più antiche: appartengono infatti ad un ciborio più vecchio (VI secolo). La parte superiore fu realizzata nel 1277 per ordine dell’allora vescovo di Parenzo: Otto.
Nella parte rivolta verso la navata è rappresentata una annunciazione in stile veneto. In quegli anni, infatti, la potenza della Repubblica di Venezia si imponeva in tutto l’Adriatico.
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