Il mosaico dell’abside di Sant’Apollinare in Classe spiegato ai bambini di ogni età per godere appieno di uno dei più splendidi mosaici paleocristiani ravennati giunti fino a noi.
Nell’arco trionfale è rappresentato al centro Cristo in atteggiamento benedicente. Ai lati di Cristo sono rappresentati i quattro evangelisti: Giovanni (Aquila), Matteo (Angelo), Marco (Leone) e Luca (Vitello). Sotto si vedono dodici pecorelle (sei per lato) uscire da due città: Betlemme e Gerusalemme. Ai lati dell’arco troviamo due altissime palme (che simboleggiano il giusto che radicato nella parola di Dio cresce verso l’alto). Sotto alle palme si vedono i due arcangeli Michele e Gabriele vestiti con abiti imperiali (oro e porpora) che reggono uno stendardo con il trisagio (ovvero “santo, santo, santo“). Sotto agli arcangeli troviamo altre due figure: a sinistra l’evangelista Matteo e a destra un altro discepolo anonimo.
Anche il catino absidale presenta una raffigurazione estremamente complessa: al centro è rappresentata un croce gemmata. All’incrocio dei bracci c’è il volto di Cristo, attorno, nel cielo azzurro, si trovano 99 stelle. Sempre nel cielo, in corrispondenza dei bracci orizzontali della croce, troviamo anche le lettere greche alfa e omega: inizio e fine dell’alfabeto, così come Cristo è l’inizio e la fine di tutto. Sopra e sotto alla croce ci sono due scritte che inneggiano alla grandezza di Gesù (sotto si legge chiaramente “SALVUSMVNDI“: “salus mundi“, ovvero salvezza del mondo).
Sopra alla croce, tra le nuvole vediamo la mano di Dio che indica il suo figlio. Ai fianchi troviamo invece i profeti Mosè ed Elia. Più in basso, in un ambiente più “terrestre” con un prato e degli alberi ci sono tre pecorelle che simboleggiano i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Tutta questa parte del mosaico simboleggia l’episodio evangelico della trasfigurazione.
Nei vangeli viene narrato l’episodio della trasfigurazione di Cristo. Prima della sua notte di passione, Cristo si appartò con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, sul monte Tabor. Qui si mostrò loro circondato di luce e vestito di vesti bianchissime; contemporaneamente apparvero i profeti Mosé ed Elia e i discepoli sentirono la voce di Dio che indicava in Gesù suo figlio.
Oltre ad essere un episodio evangelico la trasfigurazione, in quel periodo, era un simbolo molto importante. Era infatti in corso una diatriba tra la chiesa Cattolica e quella ariana. Gli ariani non credevano che Gesù fosse figlio di Dio. Rappresentare quindi la trasfigurazione rimarcava come quella chiesa non appartenesse al culto ariano. Gli ariani vennero poi bollati come “eretici” e perseguitati.
Sotto alla rappresentazione della trasfigurazione campeggia la figura di Sant’Apollinare (la scritta lo testimonia) con abito porpora ricoperto di api; sotto di lui, dodici pecorelle che naturalmente rappresentano gli apostoli ma anche la comunità religiosa di Ravenna.
Tra le finestre dell’abside sono rappresentati quattro vescovi importanti ravennati: Ursicino, Orso, Severo ed Ecclesio.
Agli estremi altre due rappresentazioni: a sinistra l’imperatore bizantino Costantino IV che conferisce privilegi per la chiesa di Ravenna al vescovo Mauro. A destra Abramo, Abele e Mechisedec mentre offrono un sacrificio a Dio.
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