Scegliere Dubrovnik in Croazia come prima tappa del nostro viaggio in pieno COVID-19 non è stato facile. Dopo tre capitali europee (Londra, Parigi e Vienna) visitate in meno di un anno avevamo tutti e quattro voglia di qualcosa di completamente diverso. Ovvero: mare. Poiché la Croazia mancava tra le nostre destinazioni abbiamo deciso di attraversare l’Adriatico e goderci il mare dall’altra parte.
DopoPippopluto un (molto) lungo viaggio in auto per raggiungere il porto di Bari accompagnati da Chromatica di Lagy Gaga sparato ad un volume indecente per tutto il tempo (“Dai, papà, mettila ancora!”) finalmente arriviamo al porto dove un tipo con indosso un gilet ad alta visibilità (piazzato nel mezzo di un enorme piazzale-posteggio la cui temperatura era attorno ai 400°) ci liquida con un italianissimo e laconico “mettetevi lì”.
Chiedo se siamo in molti a dover partire per Dubrovnik: lui con un’alzata di spalle indica 6-7 mezzi sparsi per l’enorme piazzale senza apparentemente nessun ordine logico. Non informo mia moglie che, metodica com’è si allarmerebbe subito. Vado a cambiare il voucher che Jadrolinia -la compagnia navale croata- mi aveva rilasciato ed entro in un mondo parallelo fatto di camionisti in partenza per i balcani che si riconoscono, parlano lingue sconosciute a volumi imbarazzanti con vestiti sgualciti, ciabatte luride, corpi sudati. Io, che non sono certo vestito con il frack, sembro comunque un damerino. Ho la netta sensazione che tutti mi guardino.
Raggiungo, non senza difficoltà uno sportello e ottengo i biglietti. Quando me ne vado, vedo che di turisti sprovveduti come me ce ne sono diversi e mi rincuoro. Riattraverso il piazzale infuocato e guadagno l’interno condizionato della mia macchina e liquido con un “poi ti spiego” la domanda “com’è andata?” di mia moglie. Il tipo con il gilet che dirige lo scarsissimo traffico saluta tutti e va a casa. Io e altri tre/quattro avventori, tutti di nazionalità diverse e con destinazioni diverse ci guardiamo perplessi. Per fortuna poco dopo un altro tipo, sbucato da chissà dove ci fa cenno che possiamo salire sulla nave e finalmente, dopo 12 ore dalla partenza posteggiamo la nostra macchina nella pancia del ferry con destinazione Dubrovnik.
Prenotare la nave era stato, in realtà molto più facile che salirci dentro. Il sito della Jadrolinija è semplice e ben fatto e, oltretutto, in italiano. In pochi, semplici passaggi si riesce a prenotare il viaggio, pagando naturalmente con carta di credito e ad ottenere il voucher che poi va cambiato alle casse del porto. Nel processo di prenotazione guidato basta compilare tutti i campi e il gioco è fatto. Si comincia naturalmente con il numero dei passeggeri: adulti e bambini (da non confondere con gli animali domestici), scelta dell’alloggio, poi con l’eventuale veicolo, rimorchio, animali domestici (da non confondere con i bambini), infine si possono scegliere i servizi, come i pasti a bordo. È tutto molto semplice durante la fase di prenotazione: un po’ meno quella portuale.
Appena saliti sulla nave (quasi completamente vuota causa giorno infrasettimanale e Covid-19) ritiriamo le chiavi della nostra cabina – consigliamo vivamente una cabina esterna – e ci infiliamo dentro. Di certo le cabine sui ferry non sono le stanze di un hotel gran lusso, ma vanno benissimo per un viaggio di una sola notte: due letti a castello, un bagnetto e un piccolo androne dove posizionare eventuali bagagli. Dopo il consueto litigio delle sorelle sul voglio dormire sopra/voglio dormire sotto, complice il mare calmo, abbiamo dormito tutto sommato bene, anche se ci siamo svegliati tutti all’alba. La nave ha lasciato il porto di Bari diretta a Dubrovnik poco dopo il tramonto.
Sarà che in fondo noi non siamo abituati al mare, ma ci siamo svegliati tutti presto e alla spicciolata siamo andati fuori sul ponte esterno a vedere l’alba sulla Croazia.
Dopo un viaggio tutto sommato piacevole ma poco riposante sbarchiamo a Dubrovnik dove le formalità di frontiera, sicuramente a causa del covid, sono molto più lunghe di quanto ci aspettavamo. Tuttavia, dopo aver avuto il via libera dalla polizia di frontiera siamo autorizzati ad entrare nel paese.
Poiché avevamo deciso di rimanere a Dubrovnik per 4 giorni, abbiamo prenotato un appartamento all’interno della città storica, dove le auto sono vietate. Ivan, il nostro host, ci ha organizzato un posteggio. Lascio moglie e figlie all’ingresso di Dubrovnik e carico Ivan che mi dice dove andare per il posteggio. Il ragazzo si rivela essere un tipo simpatico, con un inglese fluente e una gran voglia di chiacchierare. Intanto che guido mi chiede dell’Italia, del virus, della squadra di calcio del Parma… e poi mi dice che il posteggio è un po’ stretto e mi terrorizza con:
– I hope you’re a good driver
La mia risposta è stata laconica: “I’m not”.
In effetti il posteggio era in casa della mamma di un suo amico: una specie di piano terreno di un edificio: sopra c’erano le abitazioni, sotto si poteva posteggiare. In realtà do un’ottima prova delle mie capacità posteggiando in modo egregio in uno spazio esiguo. Esco dalla macchina e faccio conoscenza con la signora proprietaria del posto auto che ci riaccompagna con la sua automobile all’ingresso della città. La signora parlava qualche parola di italiano e aveva una guida scattante per non dire nervosa e in un paio di minuti rifà all’inverso il percorso che avevo appena fatto in 10 minuti. Ivan, intanto, cerca di distrarmi facendomi parlare e complimentandosi per il fatto che pur essendo italiano conosco l’inglese: ma io sono concentrato sulla guida della signora che sembra aver preso le strette strade della cittadina per un percorso NASCAR.
Scendo dalla macchina un po’ scombussolato ma lieto di rivedere le mie donne che mi stanno aspettando su una panchina, sotto l’ombra di un grande albero, sorseggiando una limonata. La signora, intanto, parte sgommando.
Prendiamo le (tante) valigie e ci dirigiamo verso l’appartamento, guidati da Ivan. Dubrovnik, causa COVID e sospensione delle crociere è un deserto. Fa quasi impressione.
Trascinare le (tante) valigie lungo il liscio acciottolato dello Stradun è stato semplice. Così come percorrere la prima parte della via laterale che portava all’appartamento.
Meno facile è stato affrontare i centotré scalini (sì, certo, li abbiamo contati, cosa credete?) che portavano alla soglia dell’appartamento.
Il Buža Apartment, prenotato attraverso una famosa e molto diffusa applicazione, l’appartamento di Dubrovnik, nonostante la fatica dei centotré gradini si è rivelata un’ottima soluzione: composto da 4 piani collegati da una scala a chiocciola si è rivelato estremamente giocoso per le bambine, freschissimo perché condizionato e con due comodissimi bagni che quando si è in quattro sono sempre utilissimi.
In ogni caso, se si decide di restare più di un paio di giorni, l’ideale è dormire all’interno della città vecchia; a meno che non si voglia fare un’altro tipo di vacanza e recarsi nel centro storico solo per una passeggiata e niente più.
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